I “sette libri per l’inverno” di… Ilaria Rossetti

Spaziano nei generi, nel tempo e nello spazio le scelte di Ilaria Rossetti, autrice de “Le cose da salvare”. Classici del Novecento e del presente, libri eterogenei, un solo romanzo, libri che aprono mondi. Continua con Ilaria Rossetti la serie completa dei suggerimenti d’autore che periodicamente ospitiamo

“Tutte le poesie” di Mark Strand (Mondadori)

Poca poesia mi ha commossa, turbata e appagata come quella di Mark Strand.

Vecchia storia, il modo in cui accade

a volte l’inverno, a volte no.

C’è bisogno di finali a sorpresa;

il prato verde dove vacche bruciano come giornali,

dove il contadino sta seduto a guardare,

dove nulla, quando accade, è mai abbastanza spaventoso

Strand

“La morte e la primavera” di Mercé Rodoreda (La Nuova Frontiera)

In un Paese innominato e in un tempo imprecisato, un ragazzino deve fronteggiare l’improvvisa solitudine e un mondo che non capisce, spesso violento e claustrofobico. C’è un villaggio agreste, dalle leggi dure, violente, e c’è l’amore che arriva all’improvviso, come fa la primavera. L’opera della vita di Mercè Rodoreda, un libro pazzo e mostruoso e dolcissimo.

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“Flashover. Incendio a Venezia” di Giorgio Falco (Einaudi)

La sera del 29 gennaio 1996 il teatro La Fenice brucia, il fuoco è stato appiccato dal titolare di una piccola ditta in ritardo sulla fine dei lavori per il restauro del teatro. Giorgio Falco è un grandissimo scrittore e si serve di un evento “minore” della cronaca italiana per trasformarlo in un simbolo e in un sintomo delle logiche produttive, dei corpi ammaestrati e malati, del tempo-denaro e delle macerie in cui siamo immersi e dai cui siamo circondati.

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“Verso la foce” di Gianni Celati (Feltrinelli)

Uno dei libri per me più importanti e struggenti. Celati viaggia lungo il corso del Po, all’inizio degli anni Ottanta, dopo essere stato reclutato da Luigi Ghirri per accompagnare un gruppo di fotografi e raccontare il nuovo paesaggio italiano. Va a piedi, prendi treni, corriere, si ferma nei bar e accanto ai cimiteri, guarda le persone, la case, la vita, la desolazione, i silenzi della pianura.

Noi aspettiamo ma niente ci aspetta, né un’astronave né un destino. Se adesso cominciasse a piovere ti bagneresti, se questa notte farà freddo la tua gola ne soffrirà, se torni indietro a piedi nel buio dovrai farti coraggio, se continui a vagare sarai sempre più sfatto. Ogni fenomeno è in sé sereno. Chiama le cose perché restino con te fino all’ultimo.

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“Economia dell’imperduto” di Anne Carson (Utopia)

Un saggio del 1999 della grecista Anne Carson, che racconta del linguaggio poetico e molto altro. L’ha finalmente tradotto e pubblicato in Italia la giovane e coraggiosa Utopia Editore. L’imperduto del titolo è il concetto su cui è imperniata la riflessione di Carson: tutto quello che rimane quando si va avanti, provando a sfidare la caducità dei legami e del tempo.

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“Corpo celeste” di Anna Maria Ortese (Adelphi)

Un breviario di appunti, interviste, articoli, da correre a rileggere quando il mondo sembra un luogo oscuro e perduto. Così rispondeva Anna Maria Ortese a una domanda che tutti noi, almeno una volta, abbiamo temuto, e ne faceva occasione di luce, conforto, lucidità:

Un’altra domanda, ingenua, se permette: crede ancora in qualche cosa? Naturalmente. Credo in tutto ciò che non vedo, e credo poco in quello che vedo. Per fare un esempio: credo che la terra sia abitata, anche adesso, in modo invisibile. Credo negli spiriti dei boschi, delle montagne, dei deserti, forse in piccoli demoni gentili (tutta la Natura è molto gentile). Credo anche nei morti che non sono più morti (la morte è del giorno solare). Credo nelle apparizioni. Credo nelle piante che sognano e si raccomandano di conservare loro la pioggia. Nelle farfalle che ci osservano, improvvisando, quando occorra, magnifici occhi sulle ali. Credo nel saluto degli uccelli, che sono anime felici, e si sentono all’alba sopra le case … In tutto credo, come i bambini. In una sola cosa non credo: nell’uomo e nella donna, che esistano ancora. Posso sbagliarmi, ma essi mi sembrano ormai luoghi comuni, simulacri di antichi modelli, canne vuote, dove, nelle notti d’inverno, fischia ancora, piegandole, il vento dell’intelligenza, che li sedusse e distrusse.

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“Poema a fumetti” di Dino Buzzati (Mondadori)

La prima graphic novel italiana, il mito di Orfeo ed Euridice trasportato nella Milano del 1969, Orfi canta e strimpella e all’improvviso l’amata Euri finisce nell’aldilà, ma lui non si rassegna e le corre dietro. Corpi nudi, erotismo, canzoni, la morte, la paura, la speranza, l’Italia, gli anni Sessanta: il libro più folle di Buzzati, il più coraggioso, il più poetico.

buzzati

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