Natale 2023, i libri che desideriamo e quelli che regaleremo

Natale è alle porte e può tornare utile il piccolo prontuario di consigli della redazione di LuciaLibri. L’appuntamento con questi suggerimenti è ormai una tradizione, ognuno di noi indica un volume che desidera sotto l’albero e uno che vuole donare. Per dare un’occhiata alle liste passate basta cliccare sugli anni: 20222021, 2020 e 2019

Barbero e Haratischwili

Alessandro Barbero è una rockstar che riempie i palazzetti; è un influencer da milioni di followers; un ospite d’eccezione nei programmi tv. Non canta, non balla e non attacca briga con nessuno. Lui parla di Storia, e lo fa da fuoriclasse (anche nel senso di “fuori dall’aula”). Devo, assolutamente, rimediare al fatto che, pur deliziandomi con i podcast, non ho mai letto nessuno dei suoi libri, perciò, mi piacerebbe trovarne uno sotto l’albero, magari La battaglia. Storia di di Waterloo (Laterza), per cominciare, e sapere cosa scrive del mio amato Napoleone.

Il libro che regalerò a Natale è La luce che manca (Marsilio) di Nino Haratischwili (già nota autrice de L’ottava vita). Non escludo che chi lo riceverà potrebbe sentirsi minacciato dalla mole, settecento pagine mettono paura anche ai lettori più scafati. Ma basteranno poche righe per rimanerne catturati e, alla fine, sono sicura, il regalo sarà gradito. Un romanzo denso e doloroso. Quattro donne, una memoria condivisa e un’amicizia indissolubile raccontate, per istantanee, dalla mostra fotografica di una di loro, la cui scomparsa, fino alla fine, resta un segreto inconfessabile. Sullo sfondo, Tbilisi e le truci vicende, storiche e sociali, della Georgia post Sovietica. (Paola Ardizzone)

McEwan e Lynch

Il libro che regalerei è Lezioni di Ian McEwan (Einaudi 2023), il romanzo-mondo (testamento letterario?) di quello che considero uno dei più grandi scrittori viventi (se non il più grande). Nell’ultima fatica letteraria di “Ian McAbre” la grande storia del secolo scorso è la co-protagonista del romanzo insieme a Roland Baines, un po’ l’alter ego di McEwan, l’uomo la cui vita è tratteggiata nelle 563 pagine, un essere umano in fondo ordinario, mediocre, con le sue aspirazioni e fallimenti come ognuno di noi ma la cui esistenza risplende grazie alla magniloquenza e alla “razionalità a sangue caldo” che è la cifra stilistica della prosa di McEwan, regalandoci forse quelle che sono le lezioni più importanti: imparare a perdonarsi e perdonare, con la consapevolezza che certe cose non si risolvono, e più ci ostiniamo contro il fato avverso più saremo destinati a soffrire, che certe cose ce le porteremo fino alla tomba senza che a queste dobbiamo permettere di schiacciarci, quelle cose che costituiscono proprio la nostra ricchezza.

Il libro che invece mi piacerebbe ricevere a Natale è La canzone del profeta di Paul Lynch, titolo originale Prophet Song, già vincitore del Man Booker Prize 2023. Il problema è che il libro dello scrittore irlandese già acclamato per il suo Cielo rosso al mattino (66thand2nd, 2017) e La neve nera (66thand2nd, 2018) uscirà da noi sempre per 66thand2nd, a marzo 2024. Sarebbe in ogni caso una buona occasione per poter leggere il nuovo romanzo di colui che è stato spesso accostato a Cormac McCarthy, una scrittura che come in questa sua nuova opera associa la distopia a un’appassionante e serrata indagine su ciò che significa essere umani in un’ Irlanda che scivola nel totalitarismo. (Simone Bachechi)

da Empoli e Hemon

Prima che la trasposizione cinematografica (ci sta lavorando anche Carrere, e dunque le aspettative si moltiplicheranno…) metta in dubbio la qualità del libro – va spesso così, si sa – regalerò e consiglio di leggere e di regalare Il mago del Cremlino di Giuliano da Empoli, edito da Mondadori: in un romanzo godibilissimo la genesi del putinismo e il suo sviluppo fino all’altroieri; un’opera di fantasia, ma molto più interessante e vera della realtà. Essendo a corto di storie struggenti e allo stesso tempo di valore, penso di andare sul sicuro se aspiro a ricevere in regalo un libro di pochi anni fa, il penultimo di Aleksandar Hemon, I miei genitori/Tutto questo non ti appartiene, pubblicato da Crocetti. Sono un suo lettore di vecchia data e ogni suo volume è stato un balsamo. (Arturo Bollino)

Karunatilaka e Morrison

È stato un anno di uscite rilevanti e libri importanti, per fortuna ne regalerò diversi, ma comincio dal Booker Prize 2022 nella sua traduzione italiana Le sette lune di Maali Almeida di Shehan Karunatilaka pubblicato in Italia da Fazi e parto da questo perché è un libro di avanguardia letteraria dove i livelli di lettura sono talmente tanti e scavano talmente in profondità a livello sociale, storico, psicologico da costituire un’opera dotata di una sua eccezionalità. Colombo, Sri Lanka anni ’80 piena guerra civile tra mondo dei vivi e mondo dei morti si muove Mali, un fotografo impegnato sul fronte a testimoniare con i suoi scatti gli orrori di uno dei conflitti più sanguinosi del secondo ‘900. Lo regalerò perché è scritto divinamente (l’ho letto in inglese, ma la traduzione italiana è assolutamente valida), riporta alla luce un conflitto per noi (italiani) pressoché sconosciuto, affronta la tematica dell’omosessualità sia in chiave intimista che sociale in un contesto di rifiuto. Infine, Le sette lune di Mali Almeida racconta la dimensione della morte e dell’elaborazione del lutto, argomento delicato affrontato con una grazia unica. È un libro violento e delicato al tempo stesso, un miracolo letterario.

Cosa spero di trovare sotto l’albero? Punto in alto: il Meridiano Mondadori di Toni Morrison. Perché Toni, non credo sia necessario spiegarlo, è una delle maggiori figure della letteratura americana del ‘900, unica afroamericana a vincere il Nobel, esponente del femminismo più combattivo e ideologicamente strutturato. Per me Toni Morrison è una madre di pensiero che mi piacerebbe avere in libreria nella sua più bella ed elegante veste editoriale italiana. (Anna Caputo)

Garmus e Longo

Regalerei Lezioni di chimica (Rizzoli) di Bonnie Garmus, improvvisamente – e no, non è per via della serie tv – diventato grazie alla cronaca e ai sommovimenti dell’opinione pubblica italiana un libro necessario ad accendere fari sulla situazione femminile. In più, a renderlo una lettura piacevolissima, è un romanzo denso di ironia mescolata al dramma e ha una costruzione narrativa che lo rende assolutamente appassionante. Da regalare in serie a tutte le amiche, e gli amici.

Vorrei mi fosse invece regalato l’ultimo romanzo della serie “Bramard e Arcadipane” di Davide Longo, Requiem di provincia (Einaudi), perché non vedo l’ora di tornare a un luogo speciale come la scrittura di Longo e ai suoi personaggi tormentati. E poi c’è sempre una visione non scontata di Torino e dei suoi dintorni, ed è affascinante viverla attraverso le indagini di questi due poliziotti dalle storie tutte da scoprire e approfondire. (Alessandra Chiappori)

Saer e Giono

Tra i regali libreschi di Natale non ho dubbi, di sicuro ci sarà Cicatrici (La Nuova Frontiera) di Juan José Saer, classico nome ingiustamente ancora ignoto alle vaste platee, ma di cui varrebbe la pena leggere anche i quaderni delle elementari e il diario delle medie. Cicatrici consta di quattro torbide storie, narrate in prima persona, da quattro protagonisti diversi, un’acuta riflessione sullo scorrere del tempo e sul fallimento.

Desidero leggere Il disastro di Pavia (Settecolori) di Jean Giono, un romanzo storico del grande autore de L’ussaro sul tetto. Non un semplice discepolo di Stendhal, ma uno scrittore appassionato che resta nel cuore. (Giosuè Colomba)

Wade e Teller

Il libro che desidererei trovare sotto l’albero è Foucault in California di Simeon Wade (Blackie), un racconto on the road su uno dei più grandi pensatori del secolo scorso, una rivelazione, un viaggio nel profondo tra sogni, musica e allucinazioni.

Il libro che a Natale regalerò è Niente di Janne Teller (Feltrinelli), una metafora potente, affascinante e allo stesso tempo sconcertante, sui valori della società moderna e il loro significato intrinseco. O meglio, quello che noi gli abbiamo affibbiato. Un romanzo che inevitabilmente rimanda al grande Golding. (Giovanni Di Marco)

Viveiros De Castro e Mamdani

Il libro che regalerei in questo Natale 2023 è Lo sguardo del giaguaro. Introduzione al prospettivismo amerindio (Meltemi) di Eduardo Viveiros De Castro. Un libro che non ti aspetti.

Se ogni cosa, nello stesso momento, può essere e non essere una persona, come poter stabilire i confini dell’antropologia? Ecco l’importante quesito antropologico che accompagna le pagine del libro di Eduardo Viveiros De Castro, un libro nel quale egli affronta i nodi principali del proprio pensiero e che aiuta il lettore, anche laddove fosse a digiuno di nozioni e conoscenze antropologiche ed etnografiche, a “entrare” nel mondo da sempre etichettato indistintamente come indigeno.

Un universo che, invece, ha al suo interno una infinità di popoli, etnie, culture differenti e uniche. Aiuta a conoscere le loro usanze ma, soprattutto la loro spiritualità e, cosa ancor più importante, racconta nel dettaglio le evoluzioni compiute dagli studiosi i quali, partiti carichi di nozioni e aspettative ben precise, hanno poi dovuto fare i conti con la realtà dei vari luoghi e dei differenti popoli incontrati. Al lettore sembra quasi che essi siano partiti con un film in bianco e nero proiettato dinanzi agli occhi e abbiano poi ben presto realizzato di trovarsi dinanzi a una tale varietà di colori da poterne restare quasi abbagliati. Gli europei, soprattutto all’inizio delle loro esplorazioni, si sono “scontrati” con situazioni, eventi, tradizioni, usanze, religioni apparse loro malvagie, incomprensibili, selvagge. Ciò che per una cultura è incomprensibile, per un’altra può rappresentare un pilastro fondamentale. Comprendere e rispettare la diversità è l’unica strada percorribile e lo si può fare solo con la conoscenza.

Il libro che mi piacerebbe ricevere è Né coloni né nativi. Lo Stato-nazione e le sue minoranze permanenti (Meltemi) di Mahmood Mamdani. Se il libro di Eduardo Viveiros De Castro è un libro che non ti aspetti, quello di Mahmood Mamdani è esattamente quello in cui spera il lettore. Lo Stato-nazione e lo Stato coloniale si sono creati vicendevolmente. Il colonialismo e lo Stato moderno hanno la stessa data di nascita dello Stato-nazione, che l’autore individua nel 1492 e non nel 1648 come sovente indicato. Il nazionalismo non ha preceduto il colonialismo. Né il colonialismo fu lo stadio più alto o finale nella formazione di una nazione. Si costituirono reciprocamente. Dal Nuovo Mondo al Sudafrica, dalla Germania a Israele, fino al Sudan, gli Stati coloniali e gli Stati-nazione si sono costituiti sulla politicizzazione di una maggioranza religiosa o etnica e a spese delle minoranze.  Il modello di tutto ciò, una sorta di prototipo, è emerso in Nord America, dove il genocidio e l’internamento nelle riserve hanno creato sia una sottoclasse permanente di nativi sia gli spazi fisici in cui le nuove identità di immigrati si sono cristallizzate come nazioni di coloni. In Europa poi, sostiene Mamdani, questo modello sarebbe stato utilizzato dai nazisti per affrontare la questione ebraica e, dopo la caduta del Terzo Reich, dagli Alleati per ridisegnare i confini degli Stati nazionali dell’Europa orientale, ripulendoli dalle loro minoranze. Attraverso la marginalizzazione degli arabi palestinesi, i coloni sionisti hanno seguito l’esempio americano: il risultato è stato un altro ciclo di violenza che ancora non ha fine. Abbracciare la modernità significa abbracciare la condizione epistemica che gli europei hanno creato per definire una nazione come “civilizzata”, e quindi giustificare l’espansione della nazione a spese degli “incivili”. La sostanza di questa condizione epistemica risiede nelle soggettivazioni politiche che essa impone. La violenza della modernità postcoloniale rispecchia la violenza della modernità europea e del dominio diretto coloniale. La sua manifestazione principale è la pulizia etnica. il sistema politico, tutti i cittadini devono avere gli stessi diritti e doveri, indipendentemente dalla loro etnia di appartenenza, dalla loro identità, dalla loro cultura, religione o altro. Decolonizzare la politica attraverso il riconoscimento di un’identità condivisa di sopravvissuti non richiede che tutti fingano di essere uguali. Richiede invece che si smetta di accettare che le differenze identitarie debbano definire chi beneficia dello Stato e chi ne resta escluso. (Irma Loredana Galgano)

Arpino e Venturini

I libri di Giovanni Arpino non sono mai abbastanza. Minimum Fax li sta ripubblicando e io ultimamente ho spesso consigliato, e penso anche di regalare per Natale, Randagio è l’eroe, nella nuova edizione, introdotta da Remo Rapino. «Non possiamo entrare e uscire dal mondo in questo modo. Lasciando nessun segno. Come milioni di altri poveretti. E siamo già vecchi…». Parole del protagonista, Giuan, che non si dimenticano come i suoi pensieri e le sue azioni. Mi affascina Noi, i Caserta di Aurora Venturini, di cui ho letto lo splendido Le cugine. In entrambi i casi la casa editrice è Sur. Venturini è stata una grandissima outsider della letteratura argentina, esplosa in tardissima età, che in Italia leggiamo postuma. Ricevere a Natale il suo libro non sarebbe male… (Giovanni Leti)

Chemin e Tokarczuk

A certi miei amici fissati con i gialli regalerò, a Natale, il saggio di Ariane Chemin, Nome in codice: Elitár I (NR edizioni). Si tratta di una raffinata indagine (qui l’articolo) condotta dalla francese Chemin sul “mistero” Kundera, uno dei grandi del secondo Novecento e dei grandi reclusi, negli ultimi decenni di vita: una ricostruzione impeccabile del puzzle esistenziale di Kundera, più intrigante dei polizieschi. Dubito che il 2023 per me possa essere l’anno dell’incontro con I libri di Jakub (Bompiani) di Olga Tokarczuk. La mole non lascia scampo. Per il 2024, però, potrei prendere l’impegno. Non è ancora scoccata la scintilla con la scrittrice polacca che ha vinto il Nobel nel 2018, ma da quel poco che ho letto – romanzo-mondo dall’ambizione sfrenata, protagonista realmente esistito e fondatore di un movimento eretico rispetto all’ebraismo, documenti veri e documenti inventati, molteplici e stratificate dimensioni spazio-temporali, tonnellate di personaggi e labirinti di storie – potrebbe essere la volta buona. Parenti, amici, filantropi, sconosciuti all’ascolto: a Natale realizzate il sogno di questo povero cristo! (Salvatore Lo Iacono)

Némirovsky e Bevilacqua

Quest’anno regalerò Lettere di una vita di Irène Némirovsky (a cura di Olivier Philipponnat, trad. Laura Frausin Guarino, Adelphi, 2023). Gli amici che hanno amato la scrittrice vi troveranno episodi sconosciuti fino a questo momento e altri, più noti, che assumono una luce nuova narrati dalla voce di Némirovsky: dai balli scatenati degli anni Venti, alla dedizione con cui scrive Suite francese, alle inquietudini degli ultimi giorni.

Mi piacerebbe ricevere Quindici infatuazioni letterarie, da Baudelaire a Houellebecq, di Luca Bevilacqua, appena uscito per Marsilio. Una raccolta di saggi di critica letteraria presentati come storie d’amore: vengono narrati il primo incontro con il libro, le fasi di prova, l’innamoramento, la cristallizzazione, come direbbe Stendhal. Trovano spazio quegli «episodi di lettura» in grado di modificare «il corso della nostra esistenza». Tra i più grandi «seduttori»: Baudelaire, Rimbaud, Villiers de l’Isle-Adam, Proust, Céline, Reza, Michon, Carrère… (Teresa Lussone)

Benenato e Carvelli

Il romanzo che leggerei volentieri è Ali d’angelo di Massimo Benenato, Spazio Cultura edizioni. perché il titolo è coinvolgente e fa presagire la presenza di un estremo metempirico intervento nello svolgersi e nel dipanarsi dell’eterogeneo processo vitale del protagonista. Questi nel suo percorso non ha trovato nell’esplicazione del sacro, il correlativo oggettivo del suo poliedrico sentire.

Il romanzo che, in occasione del Natale, regalerei è Segni sull’acqua di Roberto Carvelli, D Editore, perché pone il lettore di fronte a realtà lavorative, purtroppo ancora attuali soprattutto in alcuni contesti e nei confronti della gente di colore. Come se vivessimo in un sistema senza presupposti ideologici, gli esseri umani vengono considerati numeri, oggetti  operativi, di cui si può annullare l’interiorità: essi possono lasciare solo ”segni sull’acqua.” (Francesca Luzzio)

Hillman e Bobin

Per l’imminente Natale vorrei ricevere Un terribile amore per la guerra (Adelphi) di James Hillman. Perchè in questo libro Hillman ci ricorda che gli uomini (o forse dovremmo dire i maschi?) hanno un’attrazione irresistibile per la guerra e tutto ciò che comporta, analizza i significati e le espressioni di questo “amore”. E riconoscerlo è fondamentale per andare oltre, per riuscire a leggere questo impulso, che agisce anche nella nostra vita, nei nostri desideri di sopraffazione, negli istinti di violenza, e superarlo, guidare il nostro animo alla pace.

Regalerei Abitare poeticamente il mondo (AnimaMundi) di Cristian Bobin. Un libro leggero come un raggio di sole, che illumina le piccole cose che ci circondano e le mostra in tutta la loro, semplice, indispensabile, bellezza. Perché abitare poeticamente il mondo, è, semplicemente, vivere con il cuore aperto alla meraviglia. «Troppo male è stato compiuto, ma non è irreversibile. Non credo all’irreversibile. Rimango molto fiducioso e lo sarò sempre, l’umano nel profondo è invincibile, incancellabile. Torneremo alle cose vive e vere». Ecco, in sintesi, la poesia. (Mauro Mangano)

Viva e Zannoni

Per Natale amo regalare storie che abbiano un messaggio, che portino oltre il confine della copertina, in luoghi in cui comprendere qualcosa di più su noi stessi e sugli altri.

L’artiglio del tempo (Garzanti) di Anna Vera Viva è uno di questi. 

Un romanzo che scivola nelle profondità della storia riportando alla luce sentimenti universali, il tutto confezionato in una trama avvincente,  screziata di nero. La storia di un omicidio è l’alibi perfetto per scardinare i recinti che c’ingabbiano in un pregiudizio, impedendoci di capire.

L’artiglio del tempo ci invita a guardare oltre i nostri preconcetti e ci regala pensieri in grado di migliorarci. 

Se penso ai libri che vorrei ricevere a Natale, allora penso alle letture che scaldano il cuore, quelle che mi riportano ai giorni in cui sotto l’albero c’era sempre un bel libro illustrato.

Dai viaggi di Gulliver a Gianburrasca, da Verne a Salgari, tutti libri in edizione speciale, che sono sopravvissuti ai moti migratori della mia esistenza.

Quest’anno ne ho adocchiato uno in particolare: I miei stupidi intenti (Sellerio), l’esordio folgorante del giovanissimo Bernardo Zannoni, che ha stravinto il Premio Campiello nel 2022, illustrato da Lorenzo Mattotti, noto disegnatore italiano.

Come la madeleine per Marcel, la storia di questa faina, sarà la mia porta per i Natali passati, a Dickens piacendo 😉 (Patrizia Picierro)

Aleksievič e Orlev

In questo Natale di guerra che s’avvicina regalerò Ragazzi di zinco (pubblicato da e/o) Svetlana Aleksievič, un grande classico sulla guerra combattuta dai sovietici in Afghanistan, pubblicato dodici anni prima del Nobel. Molti dei soldati mandati a combattere contro i mujaheddin tornarono a casa per lo più cadaveri, in scatole di zinco, sotterrati di nascosto, per celare la sconfitta. O menomati, amputati. Erano partiti indottrinati per sostenere una grande causa patriottica. La guerra non ha avuto pietà di loro, pedine ingannate, annichilite. Quanto ai regali che auspico in cima alla lista c’è Canaglia di Itamar Orlev, edito da Giuntina: in tanti mi dicono che leggere questo romanzo sia il modo migliore per scoprire altra grande letteratura israeliana contemporanea. (Micol Treves)

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